Clisteri come punizione e come piacere

Il clistere viene dato per via rettale: si vanno dunque innanzitutto a toccare delle zone che, a ragione, vengono considerate erogene, sia per le donne che per gli uomini, e cioè ano, perineo e parte finale del retto. Nei maschietti, perdipiù, c’è anche in loco la ghiandola prostatica che, massaggiata dolcemente dal liquido caldo di un clistere, può produrre stimolazioni sessuali di un certa importanza. E’ sicuramente per questo motivo, cioè a causa di una involontaria/volontaria manipolazione di zone erogene, che la pratica del clistere ha assunto – in special modo nei secoli passati – una valenza di gioco erotico e sensuale. Ne sono testimonianza le numerose raffigurazioni artistiche della pratica della giuliva siringa (così venne infatti leggiadramente denominata), che si trovano in quadri, stampe e persino ceramiche, risalenti agli inizi del secolo scorso. Per non dire della letteratura galeotta di certi racconti licenziosi, godibili ancora oggi, nei quali la giuliva siringa era quasi sempre presente.
Secondo la credenza comune, che poi divenne una moda, la pulitura interna o “lavamento” poteva più di ogni altra cosa preservare la salute. Tra le donne dell’aristocrazia il clistere era poi desiderato in modo particolare quale insostituibile mezzo per ottenere una carnagione più pura e più bianca. La pratica divenne tanto diffusa che non esisteva casa o palazzo senza lo strumento del clistere, e vennero pure scritte canzoni e poesie per celebrare la procedura.
Anche il Divin Marchese De Sade fu testimone e divulgatore della pratica del clistere. Ricordiamo ad esempio la bella Juliette che si eccita con le lavande intestinali praticate nella “Società degli amici del crimine” e che nel suo viaggio in Italia ben volentieri va a far visita al Re di Sardegna allo scopo di ricevere alcuni clisteri che il Sovrano si sarebbe divertito a somministrarle dietro compenso di duemila zecchini.
Ma perché, ieri come oggi, il ricevere o il praticare un clistere può originare delle pulsioni fortemente erotiche, a prescindere dal fatto che, come detto, si vanno comunque a manipolare delle zone erogene? La risposta non può essere univoca, perché le implicazioni mentali-psicologiche possono essere molto diverse da persona a persona. Il mondo infatti è a colori, e così il bagaglio culturale e di sensazioni può variare, ed infatti varia, tra donna e donna, tra uomo e uomo e tra donna e uomo. C’è chi giudica male la pratica del clistere perché troppo impegnativa, o troppo legata ad elementi scatologici. C’è chi invece vi trova la quintessenza dell’eccitazione in un gioco multiforme, a tratti ambiguo, di voglio/non voglio per chi riceve e di castigo/amore per chi lo pratica. Nel mezzo, tra i due estremi, la variegata graduatoria di una miriade di personali interpretazioni della giuliva pratica del clistere, o enteroclisma che dir si voglia.
E siccome in questo sito si parla di BDSM, ecco un altro interessante quesito: il clistere è una pratica SM?
A mio avviso non lo è necessariamente, ma può ben esserlo. Non nasce, il clistere, come pratica sadomaso, a differenza ad esempio della sculacciata (a cui è spesso accostato), che è un castigo per definizione. Il clistere è una pratica sanitaria, può essere un diversivo erotico dolce ed addirittura romantico e “può diventare” una punizione. Se chi lo riceve lo considera un atto umiliante e di sottomissione, il clistere è una punizione. Se chi lo sta praticando lo vede come una forma di dominio e di possesso, il clistere è una punizione. Ci sono ovviamente anche altri parametri di valutazione per dire che un clistere è punitivo (il suo volume, il liquido usato, la sua temperatura, il diametro della cannula, l’eventuale presenza di estranei …), ma rimane fondamentale l’approccio psicologico all’atto di praticare – in questo caso infliggere – e ricevere – in questo caso subire – un clistere.
In ambito SM entrambi gli attori, cioè sia chi domina sia colui/colei che subisce, “sentono” forte il quoziente di umiliazione indubbiamente insito nella pratica. Prima ancora di un inevitabile “fastidio” e poi di un certo dolore fisico, sono la vergogna ed il senso di sottomissione le cifre distintive di una punizione data mediante la somministrazione di un clistere.
Allora ci possono essere molteplici varianti durante le diverse fasi dell’operazione: dalla promessa/minaccia preventiva di una grossa purga mediante un buon clisma, alla presenza di terze persone che osservano e giudicano la punizione, alla presenza di specchi, all’abbinamento con sculacciate ed umiliazioni verbali, al tempo di ritenzione del liquido, alla circostanza che l’inevitabile evacuazione finale può anche non essere un fatto privato …
Dunque il clistere SM è probabilmente quanto più distante possa esistere da una pratica cruenta e/o estrema. Non è il dolore fisico che conta (in questo pratica decisamente sopportabile), ma TUTTO il resto, e cioè:
– la fase preparatoria, tutta impostata sul gioco psicologico sia che si tratti di un clistere erotico (ricerca di una giusta posizione, toccare, lubrificare ed allargare il buchino…), sia si tratti di una procedura punitiva (enfatizzazione su ciò che avverrà, legatura del/la paziente, insistenze verbali sull’aspetto scabroso della pratica al fine di aumentare l’umiliazione ecc. ecc.);
-la fase di somministrazione, che inizia con l’introduzione della cannula che può essere anche di buone dimensioni e prosegue con quella che può ben essere definita una lunga, ed inesorabile, sodomizzazione liquida;
– la fase finale evacuatoria che, come detto, può avvenire in privato ovvero in pubblico, tenendo comunque presente che non si parla qui di una pratica scat o shit che dir si voglia. Il giocare con le feci non ha nulla a che fare con il clistere o giuliva siringa. L’evacuazione eventualmente pubblica ha scopi puramente di umiliazione e di vergogna per la parte passiva. Si usa dire che questa terza fase è “eventuale” non perchè chi subisce si tenga nella pancia l’acqua ma perchè l’evacuazione spesso non rientra nello svolgimento del gioco.

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